IL PAESE e IL TERRITORIO
Il paese di Mamoiada è raggiungibile da Cagliari, Sassari, Oristano e Olbia percorrendo la statale 131 e 131 d.c.n. in direzione Nuoro (capoluogo di provincia). Da qui è sufficiente immettersi sulla nuova S.S. 389 (s.s.v. scorrimento veloce - direz. Lanusei e Tortolì) e dopo circa 15 km si arriva al piccolo centro. Mamoiada è un ridente paese di collina di 2.700 abitanti circa sito a 650 metri s.l.m.. Il territorio è di appena 4900 ettari, pascoli ricchi di bestiame e numerosi vigneti che sostengono le attività più fiorenti: la produzione di ottimi vini e formaggi.
BREVE STORIA
La storia di Mamoiada, tra il 550 e il 238 a.C. (epoca dell'invasione dei Cartaginesi in Sardegna) e nei secoli successiva, si identifica con quella dei 'fieri montanari, sempre ribelli alla prepotenza straniera'. In antichi documenti di archivio appaiono le varianti: Marmoiada, Mamoyata, Mamujata. In tempi recenti Mamojada. Attorno al secolo XI Mamoiada fece parte del giudicato di Arborea e successivamente della Curatoria della Barbagia di Ollolai. Durante il lungo periodo della dominazione Aragonese-Spagnola (1324-1720) il re di Spagna Ferdinando V assegnò Mamoiada ed altri centri del Nuorese a Pietro Massa di Arborea, mentre nel 1604 fu unita al Ducato di Mandas, feudo in origine dei Mazza e successivamente dei Tellez-Giron. Nel 1820, con l'Editto delle Chiudende, durante il dominio dei Savoia, cessò formalmente il Feudalesimo, che permise l'assegnazione delle terre alla popolazione locale, anche se di fatto, per vari motivi, vennero riscattate per la quasi totalità dai nobili del paese. Nel 1847, con la fine del Regno Sardo-Piemontese e con la successiva Unità d'Italia, anche Mamoiada, unitamente ad altri paesi della Sardegna e della penisola, si adeguò alla nuova situazione politica e ai vari movimenti e trasformazioni socio-economiche tuttora in atto. Prodotti artigianalmente e di genuina bontà sono il pane harasau, i formaggi e una numerosa serie di dolci tipici locali. Eccellente la qualità dei vini biancu e nigheddu. L’artigianato produce gli antichi mobili, cassapanche tradizionali e le autentiche maschere di Mamuthones conosciute ormai dappertutto ma si trovano esclusivamente nei piccoli laboratori dei pochi maestri artigiani del paese. Così come le miniature in ceramica e le riproduzioni complete dei Mamuthones e Issohadores. A 5 Km dal paese si trova il santuario dei SS. Cosma e Damiano ritenuto da alcuni studiosi il più antico della Barbagia, risalirebbe al VII secolo d.C. All'interno della chiesa si nota una nicchia in trachite rosa del '600 ed alcuni affreschi di stile bizantino, alle pareti 14 formelle in ceramica smaltata, di buona fattura, raffigurante le stazioni della 'Via Crucis' realizzate in Spagna, nella fabbrica di Alcora, a Castellon de la Plana, nella seconda metà del '700, dall’artista Jacinto Causada. Le stesse sono state ammirate da tutto il mondo nel 1998 in occasione della Via Crucis del Venerdì Santo, officiata dal Papa Giovanni Paolo II, al Colosseo. Dal punto di vista architettonico, l’emblema di Mamoiada è la chiesa di Nostra Signora di Loreto, sita al centro del paese, di probabile periodo medioevale.
PATRIMONIO ARCHEOLOGICO
Mamoiada possiede vaste zone di interesse archeologico. Si deve ritenere che lo stanziamento umano in questo paese risalga ad epoche remotissime (XV-XIII secolo a.C.) poiché i segni di antichissime civiltà sono abbondantemente presenti nel territorio. I Nuraghi sono numerosi ed hanno una struttura lineare, sono maggiormente presenti nelle zone più fertili e provviste di sorgenti. Attorno ad alcuni di essi sono evidenti i resti di villaggi e dove questi mancano si suppone che siano stati distrutti per recintare i campi. Citiamo 'Arràilo', in zona sa Pruna, sulla strada per Orani, 'Monte Juradu', sulla strada per Sarule, 'Orgurù', sulla strada per Fonni. Numerose anche le 'Domus de Janas', piccole tombe del periodo neolitico-prenuragico, scavate nel granito. Esse si trovano in località 'Mazzozzo', alla periferia del paese, in località 'Garaunele', in prossimità della chiesa campestre di 'Loret’attesu', sulla strada vicinale per Oliena, in località 'S’Eredadu', ed in altri posti. Particolarmente interessanti sono Sas Honcheddas in località 'Istevene', un gruppo di 6 'domos', sulla statale n° 389 per Fonni. Nella terza 'domo', in un pilastro rettangolare, è scolpita una testa di toro schematica, in rilievo, che si ritiene sia un simbolo di forza e fertilità. Diversi sono i 'Menhirs' o Perdas Longas, ritenuti oggetti di culto.
Recentemente (Marzo 1997) sono state rinvenute delle rare pietre: un superbo monolito, non classificato e unico nel suo genere per altezza (m. 6,50) e una grande statua 'Menhir', di granito, risalente forse al III millennio a.C. detta 'Sa Perda Pintà' (m. 2.67x2,10). Caratteristica di quest’ultimo monolito è la presenza di una serie di coppelle e di incisioni concentriche che lo rendono unico in Italia. Pare sia stato trovato un simile monolito in Inghilterra.Fino a circa due secoli fa diversi siti archeologici dovevano essere pressoché intatti, in seguito la distruzione e lo 'smontaggio' di interi siti o singole steli, perdas longas ed altro non avvenne espressamente per vandalismo o per costruzione di muri di confine.
SAGRE E FESTE
A Mamoiada, nel corso dell'anno si svolgono diverse sagre e feste paesane. Tra queste le rassegne di prodotti agro-alimentari e di artigianato locale, le feste in onore dei SS. Cosma e Damiano, quella di San Sebastiano, N.S. del Carmelo e Madonna della Neve (N.S. de Loreta attesu). Fino agli anni ‘60 si festeggiava 'Santu Sidore' (S. Isidoro), una festa molto sentita ed era fra le più grandi ed attese. Una delle più sentite tuttora dai mamoiadini è quella di Sant’Antoni (Sant'Antonio abate) il 16-17 Gennaio, nata in tempi antichissimi come rito propiziatorio per la nuova annata agraria. I festeggiamenti iniziano la sera del 16 Gennaio (sa die de su Pesperu), con l'accensione e la benedizione del fuoco all'esterno della chiesa parrocchiale. I fedeli girano intorno ad esso recitando il Credo per tre volte. La tradizione vuole che ciascun rione accenda poi il suo fuoco con un tizzone preso da quello principale in onore del Santo. In ogni rione del paese la popolazione si raccoglie attorno ai grandi fuochi votivi. E' un momento di grande partecipazione sociale che si estende anche ai visitatori forestieri ospitati in ogni vicinato ai quali vengono offerti del buon vino e i dolci tipici del periodo. E' proprio in occasione di questa festa che 'escono' per la prima volta nell'anno sos Mamuthones e sos Issohadores. La festa dei SS. Cosma e Damiano rappresenta invece la fine dell'annata agraria. Si svolge nell'omonimo Santuario campestre, a 6 Km. dal paese, che è meta di numerosi pellegrini nel periodo estivo, dove è possibile soggiornare nelle caratteristiche hùmbessias che circondano la chiesa. A fine Settembre i festeggiamenti in onore dei due Santi si concludono con manifestazioni religiose, musicali, di folclore locale.
Tra le feste popolari più antiche e ricche di folclore della Sardegna è il CARNEVALE MAMOIADINO, un Carnevale semplice, povero, se per povertà s'intende la mancanza di sofisticati carri allegorici in cartapesta o altri moderni mascheramenti, ma tra i più suggestivi e autentici. Tutta Mamoiada si riversa nella piazza principale per ballare i tradizionali passu torrau e sartiu, al suono dell'organetto, per ore ed ore, instancabilmente. Nulla è artificiale o d'importazione esclusi, naturalmente, i turisti che ogni anno giungono sempre più numerosi da ogni parte del mondo per assistere a questo genuino spettacolo. Molti soggiornano presso famiglie del paese (contattare l'Associazione Pro-Loco per sapere la disponibilità). Uomini e donne indossano il tradizionale costume, sfilando e ballando offrono a tutti i dolci tipici locali. Ma la maggior attrattiva, l'attenzione di tutti viene richiamata dalla sfilata dei Mamuthones e Issohadores che sono il simbolo di questo Carnevale e, con il loro procedere e la loro 'musica' ritmata, trascinano e coinvolgono la folla. Si spostano come vogliono senza interrompere la compostezza dei loro movimenti, della danza, sono loro i veri padroni del Carnevale. 'Senza Mamuthones e Issohadores non c'è Carnevale' dicono gli abitanti di Mamoiada. Un altro simbolo del Carnevale Mamoiadino è dato da un'altra maschera tipica chiamata Juvanne Martis, collocata sopra un carretto e attorniata da una ristretta cerchia di 'parenti' che piangono la sua morte il martedì grasso, ultimo giorno di Carnevale. A conclusione dei tre giorni di balli e sfilate in piazza, viene offerto ai presenti un tipico piatto di fave con carne di maiale, il tutto innaffiato dall'ottimo vino locale.
IL MUSEO DELLE MASCHERE MEDITERRANEE
Inaugurato alla fine del 2001, il Museo delle Maschere Mediterranee di Mamoiada si trova nelle sale al primo piano di in un edificio sito in piazza Europa, già utilizzato dall'Amm.ne Comunale come biblioteca al piano terra. Il museo nasce con l’intento di costituire un luogo di contatto tra l’universo culturale di un piccolo paese della Sardegna interna, Mamoiada, nota in tutto il mondo per le sue maschere tradizionali i Mamuthones e gli Issohadores e le regioni mediterranee che, attraverso le rappresentazioni e le maschere di Carnevale, svelano una comunione di storia e cultura. In particolare il museo rivolge il suo interesse verso le forme di mascheramento nelle quali, in una grande varietà di combinazioni, ricorre l’uso di maschere facciali lignee zoomorfe e grottesche, di pelli di pecora e di montone, di campanacci e in generale di dispositivi atti a provocare un suono frastornante. A queste maschere, proprie delle comunità dei pastori e dei contadini, si riconosceva il potere di influire sulle sorti dell’annata agraria. Per questo, malgrado l’aspetto impressionante, la loro visita era attesa e gradita e occasione per farsele amiche attraverso l’offerta di cibo e bevande. A partire dalle maschere della tradizione di Mamoiada il museo offre un’esposizione comparata di reperti provenienti dai diversi paesi del Mediterraneo evidenziandone le affinità e le vicinanze piuttosto che le difformità e le distanze. Il museo è unico nel suo genere, infatti, le sue dotazioni strutturali sono basate in parte sull'offerta classica (le maschere dei paesi mediterranei), in parte su un elemento innovativo, con l'ausilio di strumenti della Informazione e Comunicazione Tecnologica. E' una struttura in grado di favorire gli scambi e le interrelazioni con musei, istituzioni culturali ed associazioni operanti in quest'ambito. L'unicità del museo consiste nella sala multivisione dove, grazie alla presenza di dodici diaproiettori, i visitatori potranno rivivere momenti topici della sfilata dei Mamuthones e Issohadores, partendo dalla festa di Sant'Antonio abate (17 gennaio) sino al caratteristico Carnevale mamoiadino. Nella sala espositiva si possono ammirare le maschere in modo più tradizionale e istruttivo. In un angolo, su un piano in roccia locale, sono esposte due maschere complete di Mamuthone ed una di Issohadore. Da qui si sviluppano a raggiera due assi espositivi: a destra vi sono altre maschere del Carnevale barbaricino (di Ottana e Orotelli). A sinistra si possono visitare le maschere che provengono da altri paesi del bacino Mediterraneo (Grecia, Slovenia, Croazia ed arco alpino).
MAMUTHONES E ISSOHADORES
Fra le manifestazioni del costume popolare della Sardegna la più significativa e la più ricca di fascino e di ricordi arcaici è quella de 'SOS MAMUTHONES' e 'SOS ISSOHADORES' di Mamoiada (Nu), due figure che si esibiscono insieme ma sono ben distinte, caratterizzate sia dal diverso abbigliamento che dal modo di muoversi. L’abbigliamento del Mamuthòne comprende attualmente l'abito in velluto scuro, la mastruca nera (casacca di pelle ovina caratteristica dei pastori sardi) chiamata sas peddes, le scarpe in pelle conciate a mano dette sos hòsinzos. Sul volto porta sa visera, una maschera nera antropomorfa, sul capo il berretto sardo (coppola) ed il fazzoletto del vestiario femminile (su mucadore) che avvolge visera e berretto. Sul dorso del Mamuthòne, legato da una serie di cinghie in cuoio con un complesso sistema di ancoraggio, è sistemato un pesante mazzo di campanacci di varia misura mentre un altro carico più piccolo di campanelle bronzee è collocato sul davanti all’altezza dello sterno e dello stomaco. L’insieme dei campanacci e sonagli viene chiamato sa càrriga. Il peso complessivo di tutta l’attrezzatura si aggira sui 25 chili, ma non è solo il peso quello che fa faticare i componenti di questo straordinario gruppo bensì la 'morsa' delle cinghie in pelle, ben strette tra le spalle e la gabbia toracica che rendono difficile la respirazione. Infatti, a fine esibizione, le spalle dei partecipanti sono spesso segnate da varie ecchimosi. Una delle doti richieste per fare il Mamuthòne è la resistenza alla fatica. I Mamuthònes sono accompagnati dagli Issohadores, portatori di soha, una lunga fune ora in giunco ma che prima era di cuoio pesante. L’Issohadore non porta ne maschera nera ne campanacci, il suo abbigliamento è diverso da quello del Mamuthòne e viene indicato a Mamoiada come 'veste’e turcu' (vestito da turco). L’abbigliamento ora comprende: sul capo la nera berritta sarda legata al mento da un fazzoletto variamente colorato, larghi pantaloni e camicia di tela bianchi, sopraccalze di lana nera, il corpetto rosso del costume tradizionale maschile, a tracolla una cinghia in pelle e stoffa dove sono appuntati piccoli sonagli, uno scialle, di solito scuro con bellissimi ricami, legato alla vita con la parte variopinta che scende lungo la gamba sinistra. Ultimamente, da parte dell’associazione Pro-Loco, è stato ripristinato l’uso della visera crara (maschera) per gli Issohadores. Questa visera è chiara, dai lineamenti gentili e veniva indicata come maschera 'de Santu'o 'de Santa' o ancora maschera 'Limpia' (pulita). I Mamoiadini affermano che senza Mamuthones e Issohadores non c’è Carnevale il che vuole significare che è questa la manifestazione più importante, il simbolo del Carnevale e segno di allegria e tempi propizi. La sfilata dura dal pomeriggio fino alla tarda sera, Mamuthones e Issohadores mangiano e bevono poco perché l’esibizione richiede sforzo e le cinghie dei campanacci comprimono il torace o forse perché, dice qualche studioso, in principio digiunavano come negli antichi misteri. Quella dei Mamuthones e Issohadores non pare una carnevalata ma da più l’idea di una cerimonia solenne vuoi per la taciturnità e compostezza dei partecipanti, vuoi per il loro procedere ordinato come in una processione. Il passo per avanzare e scuotere i campanacci quasi fa pensare ad una danza, 'una processione danzata' come l’ha definita l’etnologo Raffaello Marchi che per primo, negli anni ‘40, ha osservato molto da vicino questa manifestazione. Il gruppo è composto tradizionalmente da 12 Mamuthones e 8 Issohadores e vanno avanti disposti in quest’ordine:
I Mamuthones sfilano disposti su due file parallele mentre gli Issohadores, mobilissimi, quasi a protezione si sistemano in posizione di avanguardia, retroguardia e sui fianchi esterni delle due file. La processione procede lentamente, il passo dei Mamuthones è diverso da quello degli Issohadores ma non è discordante. I primi si muovono a piccoli passi cadenzati, quasi dei saltelli, compiono un movimento obbligato poiché nel procedere devono scuotere allo stesso tempo tutti i campanacci e sono appesantiti anche dalle vesti di lana grezza e dalla visera. Nell’avanzare danno tutti dei colpi di spalla ruotando il corpo una volta verso destra e un’altra verso sinistra. A questo movimento in due tempi, eseguito in sincronia, corrisponde un unico squillo dei campanacci. Ogni tanto tutti insieme fanno tre rapidi salti su se stessi seguiti, naturalmente, da tre squilli più alti di tutti i sonagli. Gli Issohadores si muovono con passi più agili e quando vogliono gettano sa soha (il laccio) e colgono, tirano a sé la persona che hanno scelto nella folla. La bravura dell’Issohadore sta proprio nel riuscire a 'catturare' la persona scelta con questa originale fune che è assai leggera e di complicata manovrabilità, molto più impegnativa di quelle tradizionali in pelle o canapo. Mentre compiono questo esercizio essi possono scambiare qualche parola con la gente che li circonda, mentre i Mamuthones restano muti per tutto il percorso della processione. Specialmente se sono uditi a distanza, per le vie di Mamoiada, loro unico ambiente naturale, mentre avanzano gradualmente dal silenzio, gli squilli alti e leggeri dei sonagli, quelli gravi e cupi dei campanacci fortemente scossi dai colpi faticosamente cadenzati dei passi creano una sonorità amplissima, solenne, piena di oscuri significati. In questo clima di mistero avanza la processione, austera e tragica, con i Mamuthones neri e oppressi come schiavi in catene e gli Issohadores colorati e apparentemente più liberi nel movimento. ORIGINI La Sardegna non cessa di stupire per i misteri che si nascondono dietro le sue tradizioni. Ancora nel terzo millennio, questa terra arcaica e misteriosa serba riti ancestrali e suggestivi che si osservano solo esaminando attentamente lo svolgimento di alcune feste popolari. Mamuthones e Issohadores di Mamoiada non sono stati studiati approfonditamente nel passato forse perché si è sottovalutata l’importanza culturale della rappresentazione o forse perché in Sardegna le manifestazioni di questo tipo erano sempre presenti e numerose. La sfilata dei Mamuthones e Issohadores è comunque un rito tanto antico che il significato si è perso anche nella tenace memoria della cultura orale barbaricina, impossibile da catalogare con certezza, cioè senza possibilità di errore. Oggi, in molti paesi, se non scomparso del tutto, è appena rimasto un debole ricordo di antichi usi e tradizioni. Mamoiada ha avuto la fortuna di aver conservato meglio la sua misteriosa mascherata che sembra, per certi versi, diversa da tutte le altre ancora praticate, o estinte da non molto tempo, negli altri paesi della Sardegna. Le pubblicazioni che abbiamo sui Mamuthones e Issohadores sono, in genere, recenti, la più 'antica' è datata 1951. Questo ha reso certamente più difficile l’individuazione e la collocazione precisa del significato della manifestazione. L’analisi del fenomeno doveva essere però seriamente affrontato nell’ambito etnologico e con metodo storico-culturale. Nel 1990 la studiosa Dolores Turchi pubblica il frutto di 12 anni di studi sull’argomento con il libro 'Maschere miti e feste della Sardegna'. Una ricerca indispensabile, con esaurienti esami comparativi dei fenomeni esistenti non solo nella tradizione sarda, affrontata e condotta con scrupolosità scientifica. Una ricerca seria e approfondita che, basata sulla testimonianza dei vecchi, sui miti che questi raccontano, legati a rocce e a territori particolari, sui ritrovamenti archeologici e sulla toponomastica delle zone indicate, nonché sulle antiche fonti letterarie e sulle tradizioni legate ai santi più venerati dell’isola, ha portato alla scoperta dell’antica religione dei Sardi e all’identificazione delle loro divinità. Con questa pubblicazione ora abbiamo molti più elementi per individuare chi si nasconde nella maschera dei misteriosi tragici Mamuthones, chi era la vendicativa Luxia Rabbiosa nel mito della pietrificazione, cos’era il presagio di morte del terrificante Boe Muliacre che vagava durante la notte, quali divinità ricopre Sant’Antonio del fuoco e quanta importanza ebbero i misteri dionisiaci ed eleusini in una terra in cui la sopravvivenza degli uomini fu sempre legata ai riti agrari per la richiesta dell'acqua e per la fertilità dei campi.
A cura dell'Associazione Pro-Loco di Mamoiada (Nu) |